27 dicembre 2009

Comunicare

Qualche post addietro ho cercato, tra il serio e il faceto, di illustrare come i pesci, in  quel caso ciclidi dell'africa centro-occidentale, possono comunicare tra di loro e di come sia facilmente osservabile tutto questo in una vasca spartana.
I cambiamenti di colore repentini producono informazioni veicolate visivamente e dirette a consepecifici, prole o predatori. L'appassionato attento, con un poco di esperienza, riconosce i segnali; capisce se c'è stress, paura, voglia di riprodursi o se, da qualche parte, c'è un nuvola di avannotti occultata da una madre premurosa. Le nostre osservazioni domestiche però peccano di accuratezza e precisione e allora ci viene in soccorso la scienza che ci aiuta decodificare quelle macchie nere che tanto in fretta appaiono e scompaiono sul corpo dei nostri pesci.
Purtroppo i lavori sui pesci d'acqua dolce non sono moltissimi e quelli che vengono pubblicati meritano ogni attenzione del caso. 

In un interessantissimo articolo apparso sull'ultimo numero di Neotropical Ichthyology viene presa in esame Apistogramma hippolyte Kullander, 1982.

A. hippolyte è una specie afferente all' A. steindachneri complex. La sua distribuzione naturale vede interessati i bacini del rio Negro, rio Solimoes, rio Branco, rio Tefè e lago Manacapurù. Predilige biotopi a lettiera nelle calme zone di ripa. Tipico abitante di acque nere è possibile trovarlo in acqua tenere (<50 uS/cm) e molto acide (pH 4.0-5.5). Secondo Romer non è una specie particolarmente gregaria (ricordo che di alcune specie di Apistogramma e possibile trovare aggregazione di migliaia di individui per metro quadro!).


tratti distintivi in A. hippolyte
Basato su Baerends & Baerends van-Roon (1950) and Römer (2001). 
Disegno di D. B. Lima-Silva.


Lo scopo degli autori era quello di verificare i cambiamenti di pattern associati ai diversi contesti comportamentali.
Nello studio, durato 5 mesi, sono stati impiegati più di mille esemplari posti in un laghetto semiartificiale nei pressi di una stazione di ricerca ittiologica, su di un affluente del Rio Negro, non molto distante da Manaus. Il laghetto, 40x14x0,5 m; 280.000 litri), ricreva le condizioni ecologiche presenti nei biotopi di elezione della specie.

I risultati delle osservazioni hanno prodotto 5 pattern fondamentali + 1 (pattern giallo-nero tipico delle femmine delle specie appartenti al genere Apistogramma).



a-b = “plain”;



 c-d = “stripe-spot”; 



e-f = “painted-face”; 


g= “barred”; 
h = “shining”; 


i-j = femmina in cure parentali





Foto (b), (d), and (h) by J. Zuanon; (f)modified from Römer (2001);
and (j) by F. Mendonça. 
Disegni di D. B. Lima-Silva.

"Plain" (Fig. A-B): è la colorazione più frequente, tipica del foraggiamento. I pesci sono tranquilli e "pascolano" placidamente sulla lettiera. La colororazione tenue e l'assenza di macchie e bande nere permette agli esemplari che l'adottano di confondersi cripticamente col substrato.

"Striped-Spot" (Fig C-D): viene adottata in situazioni di stress improvviso (paura), come un movimento improvviso o per la presenza di un predatore;
Nei maschi è l'habitus della fuga, nelle femmine quello della sottomissione.

"Painted-Face" (Fig E-F): osservabile nei grossi maschi dominanti, immediatamente prima di un'aggressione, intra o inter specifica, e nelle femmine in modalità iperaggressiva (con prole al seguito).
La frequenza non è alta nell'esperimento svolto in Brasile, ma è bene notare come, secondo Romer, questo sia uno dei pattern più diffusi in cattività.
E' probabile che lo spazio ridotto delle vasche in cui mettiamo i nostri pesci aumenti la frequenza di comportamenti spiccatamente aggressivi.

"Barred" e "Shining" (Fig. G-H): pattern tipici dei comportamenti riproduttivi. Parate tra maschi, corteggiamento. Si mettono in risalto maggiormente i colori.

"Pattern riproduttivo femminile" (Fig. I-J): tipico ed esclusivo delle femmine, in presenza di uova deposte o di piccoli. Il colore di fondo, giallo brillante, evidenzia il nero inenso di macchie e bande che indicano attegiamento aggressivo nei confronti dei maschi. Le macchie nere sulle pinne pelviche servono invece per la comunicazioni con gli avannotti sul substrato.

Qui trovate tutte le frequenze relative all'espressione dei pattern nei diversi contesti comportamentali:



I ricercatori hanno evidenziato, inoltre, la rapidità con cui questi pattern si avvicendano sul corpo dei pesci. Un maschio dominante può passare dal "pointed face" per scacciare un intruso dal proprio territorio al "plain", una volta tornato in possesso della propria zona, in meno di 20 secondi. Questo è reso possibile dalla natura neurocrina nel controllo dei cromatofori e dalla posizione superficiale dei cromatofori stessi nell'epidermide.

La vastità dell'argomento, ancora poco sviluppato dai ricercatori, e le discrepanze che ci possono essere tra quello che avviene in natura e quello che vediamo nelle nostre vasche (ma qui basterebbe metterli in condizioni più idonee per ridurle al minimo), offrono possibilità pressoché infinite .
Non parlano, è vero, ma comunicano...non è poi cosi banale.






Raoni Rosa Rodrigues, Lucélia Nobre Carvalho, Jansen Zuanon & Kleber Del-Claro. Color changing and behavioral context in the Amazonian Dwarf Cichlid Apistogramma hippolytae (Perciformes) Neotropical Ichthyology, 7(4):641-646, 2009


Römer, U. 2001. Baensch/Mergus Cichlid Atlas. Berlin, Mergus
  Publisher, 1310p.

07 dicembre 2009

Magazine NM

E' stato appena dato alle stampe digitali l'ultimo numero del magazine di Natura Mediterraneo.
Segnalo un interessante articolo sui Labridi "mediterranei" e uno sulla "tassonomia polifasica".

se cliccate sull'immagine lo scaricate in automatico

Sempre dal forum afferente al portale di NM nella sezione "pesci d'acqua dolce" trovate un interessante discussione sulle specie alloctone in Italia.
Da QUI ci arrivate.
Come accennavo nel precedente post la posizione per cui tutti gli alloctoni siano dannosi a prescindere, oggi vacille un pò. 
Il tema  è da approfondire anche perché come al solito la natura vive poco della dicotomia bianco/nero. 

30 novembre 2009

Questa è bella



 Si potrebbe dire che esiste una forza come centomila cunei che cerca di spingere
ogni genere di struttura adattata nelle lacune dell’economia della Natura, o piuttosto
di formare lacune spingendo fuori i più deboli, al fine di vagliare la struttura
appropriata e adattarla al cambiamento

Charles Darwin


Ho sempre trovato molto carina, e fortemente intuitiva, la storia dei cunei di darwiniana memoria. Non tanto in prospettiva evolutiva, sia chiaro, ma come figurazione dell'immediata realtà ecologica.
Le nicchie ecologiche godono di una sorta di principio di esclusione di Pauli. Due nicchie identiche , nel tempo e nello spazio, non possono esistere. Ma al contrario delle particelle elementari il vivente ha preponderante l'aspetto delle interazioni. Tutti gli organismi di un ecosistema sono in relazione sui più disparati livelli ecologici. Un nuovo cuneo può occupare uno spazio vuoto oppure soppiantare un cuneo nativo, dipende; quel che è certo è che l'interazione interessa molti altri cunei e spesso anche il substrato non organico su cui questi cunei sono infissi viene interessato. Introdurre una specie aliena in un ecosistema darà problemi sul breve-medio-lungo periodo? Apporterà diversità "positiva"? Perirà per mano delle specie native? Il fatto è che nessuno può dirlo a priori. Nel dubbio si evita.

Nel frattempo non possiamo far altro che assistere ad increbili report che vedono specie aliene insediarsi nei posti più improbabili. L'ultimo della lista ha come protagonista la razza d'acqua dolce Potamotrygon motoro.


disegno di Johann Naterrer
wiki commons



Un paio di anni fa alcuni addetti del National Park  Board di Singapore riportarono la cattura di due curiosi esemplari di un pesce mai visto nelle acqua dolci di quella parte di mondo.
Interpellati, anche i ricercatori rimasero basiti. I due erano giovanili di Pomatrygon motoro (la quale specie è distribuita solamente in sudamerica e non esistono popolazioni alloctone stabili in altre parti del mondo; se volete qui trovate informazioni attendibili) Dopo l'iniziale stupore si ricordarono di essere a Singapore, che risulta essere, ma guarda un pò, uno dei più importanti crocevia internazionali del commercio di pesci ornamentali.
Qualcuno deve aver detto "Ok, qualche idiota li ha buttati a fiume perché stavano crescendo troppo; a Dio piacendo morti questi il problema si risolve da solo".
Dopo un paio d'anni un gruppo di ricercatori scrupolosi ha voluto verificare lo stato delle cose. Risultato: in poco tempo hanno trovato una popolazione stabile e  riproduttivamente attiva (maschi adulti e femmine gravide), in una  delle riserve naturali più grandi di Singapore (Upper Seletar Reservoir).
La cosa non è la fine del mondo. L' Upper Seletar Reservoir è forse l'unico posto con un biotopo favorevole (fondo piatto e substrato sabbioso/fangoso) ed è un posto che conta già moltissime specie alloctone e pocchissimi endemismi (il bacino nasce come semiartificiale). Danni eventuali cicrcoscritti e limitati. Anche perché la popolazioni, almeno per ora, è relativamente piccola.

A preoccupare di più è forse un piccolo paragrafo nell'introduzione dell'articolo  che rende conto di questa popolazione alloctona di razze d'acqua dolce (come sempre trovate gli estremi alla fine del post).
Sono  60.000 l'anno gli esemplari di Potamotrygon spp. esportati legalmente e illegalmente, dal Brasile e dal Perù  per il mercato dei pesci ornamentali.

Da una parte periscono dall'altra fioriscono.
A guardar bene, è ancora un affare di cunei?


Heok Hee Ng et al. (2009) Stingers in a strange land: South American freshwater stingrays (Potamotrygonidae) in Singapore. Biol Invasions

19 novembre 2009

Si fa presto a dire Carlo

Leggevo su Pikaia che alla Sapienza (mi raccomando, senza più l'articolo determinativo, mica per niente con tutto quello che è costato toglierlo), c'è un interessante convegno su Darwin e l'evoluzione. Qui trovate tuti i riferimenti.

Che bello, mi dico, quasi quasi ci vado. Leggo il programma e decido...non ci vado.
Ma di evoluzione, quella reale, non parla più nessuno. E difficile? Non è popolare? Non gli va? Hanno paura di offendere qualcuno?

Ma un dottorando che sta studiando l'evoluzione sul campo e che parli di quello che fa proprio non si trova?
Davvero se ne sono andati via tutti?


Boh.

09 novembre 2009

Free climbers

...che poi uno si chiede: " ma come diavolo hanno fatto dei goffi pesci polmonati a prendere e a uscire fuori dall'acqua qualche centinaio di milioni di anni fa?"




Non proprio in questo modo eh.
Però a tentare si tenta (anche al giorno d'oggi).

02 novembre 2009

36mesi


Ogni giorno controllo il blog. Ora stavo rispondendo ai commenti di Daniele e Rogolino, ne cancellavo uno che dava informazioni su come acquistare dell'ottimo Viagra senza ricetta e nel mentre continuavo la scrittura di un paio di post in preparazione da tempo: uno sul termine "biotopo", uno sulla piaga dei "wannabe", un paio di tassonomia pura e uno sulla mia ittiologia domestica.
Ogni tanto controllo anche le statistiche. Do un'occhiata alle chiavi di ricerca (a proposito la più cliccata è "Tateurndina ocellicauda", strano perché, a parte una brutta foto, non ho mai scritto nulla su quella specie) e ai siti che linkano qui. Ecco i siti che linkano mi hanno fatto riflettere. La maggior parte degli accessi dai siti proviene da altri blogger, sono pochi i siti commerciali di acquariofilia e i forum acquariofili. Nessuna considerazione trascendentale se non che i blog hanno cambiato il modo di comunicare. C'è più accuratezza, meno confronto inutile, meno fronzoli. La scienza non è democratica e nemmeno un certo tipo di divulgazione dovrebbe esserlo (non quella che semplicemente e con onestà traslitterà informazioni tecniche).
Il confronto di idee, ipotesi e teorie passa attraverso un percorso duro, serio e va contro la filosofia dell'informazione servita veloce di altri apparati di comunicazione dove a farla da padrone sono gli approcci estetici, dove non importa se l'informazione sia più o meno corretta, importa piuttosto che appaia come corretta. Che è ben diverso.

E allora oltra a controllare il mio, vedo cosa ha tirato fuori dal cappello Tupaia; se Livio mi ha risolto per l'ennesima volta qualche dubbio ciclidofilo; se Marco è ancora quel mastino che controlla cose che a noi non va mai di controllare e se Enrico ha messo qualche altra foto, di quelle che sturbano.

E' finito il terzo anno di questo blog e la cosa più bella rimane leggere quelli degli altri.

Grazie.

22 ottobre 2009

Poecilia (Acanthophacelus) obscura n. sp., (Teleostei: Poeciliidae)


Specie criptiche, speciazioni incipienti e selezione naturale. Se ci metti un gruppo di tassonomi geek poi non ti lamentare piccolo wannabe da strapazzo.

Schories S, Meyer MK, Schartl M. 2009. Description of Poecilia (Acanthophacelus) obscura n. sp., (Teleostei: Poeciliidae), a new guppy species from western Trinidad, with remarks on P. wingei and the status of the “Endler’s guppy”. Zootaxa 2266: 35–50.

20 ottobre 2009

Gastromyzon sp.


Un paio di foto del gruppo di Gastromyzon sp. che ho in una vasca. In realtà il soggetto è sempre lo stesso. Non sono animali gregari, ogni esemplare ha un suo territorio. Nello specifico questo esemplare ha il proprio territorio sotto le rocce vicine al vetro frontale, in piena corrente (che è il posto migliore ed infatti è quello conquistato dall'esemplare con la taglia maggiore). Aggressività vista anche nelle Beaufortia kweichowensis (devo fare foto decenti anche di queste).
























L'ultima foto è curiosa. E' una posizione che assumono spesso per pochi secondi (tipica anche di B. kweichowensis).



28 settembre 2009

Followers




Per gli appassionati di ciclidi africani sono cose familiari. Specie che ne seguono altre per risparmiare energia nella ricerca del cibo. Ne avevo gia parlato qui.
Altri due annotazioni in situ molto suggestive le trovate sull'ultimo numero di Neotropical Ichthyology. Qui trovate gli articoli. Vi consiglio di dare uno sguardo a tutti gli articoli presenti su quest'ultimo numero. Tutti, davvero, molto interessanti.

Gli articoli sui followers sono questi due:

-The more stirring the better: cichlid fishes associate with foraging potamotrygonid rays

-Feeding behavior and follower fishes of Myrichthys ocellatus in the western Atlantic




07 settembre 2009

Due descrizioni e una considerazione.

Due nuove specie di Betta. Siamo arrivati a 69 (o 70, dovrei controllare bene anche se in realtà non ha molta importanza). Diciamo che con la manciata di specie non descritte dovremmo stare intorno alle 80 specie totali; sempre che non ne vengano scoperte altre de novo, cosa molto probabile tra l'altro.
Sembrano tante? Beh si, in effetti sono tante. A pensarci bene sono tantissime. Per comprenderlo però dobbiamo avvicinarci e osservarli meglio.

La gerarchia tassonomica di riferimento che è più facile maneggiare, e ovviamente meno accurata, è al livello del sottordine (Anabantoidei). Non che la distinzione in famiglie non esista. Per la cronaca le famiglie degli Anabantoidei sono tre: Anabantidae, Helostomatidae e Osphronemidea (il genere Betta è afferente a quest'ultima). Diciamo però che la sinapomorfia (la caratteristica condivisa da questi tre taxa) è cosi "forte" che la tassonomia ufficiale passa in secondo piano di fronte all'evoluzione dura e pura.

[Dicevo meno accurata perché le monofilia non è del tutto provata per via di una specie vecchiotta che assomiglia più ai lucci che ad altre specie affini al taxon preso in esame ora. Non è importante comunque, era solo per precisare]

Dicevo della sinapomofia.
Mettiamola cosi: a cavallo del passaggio Mesozoico-Terziario (70 milioni di anni fa), mentre ciò che rimaneva dei grossi dinosauri combatteva le ultime battaglie di una guerra ormai persa, dei piccoli e ignari pesciolini sviluppavano indisturbati una piccola ma preziosa struttura: il labirinto.
Serviva per respirare ossigeno atmosferico e anche se sembra una sciocchezza da un punto di vista anatomico, nelle acqua dolci diede subito ottimi risultati.
Altri taxa svilupparono altre soluzioni ma questa è sempre sembrata, a me ovviamente, la più elegante.

[Da un punto di vista più generale in principio c'era il polmone. Ma il meglio di se quel tipo di struttura lo diede fuori dall'acqua producendo la straordinaria radiazione dei tetrapodi (è per questo che il taxon Pisces non esiste più alla luce della nuova cladistica; per essere valido dovrebbe includere tutti i discendenti dei pesci polmonati; anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Per approfondire consiglio questo).
Poi sono arrivate le branchie ma anche qui il meglio viene dato in mare dove la concentrazione di O2 è costante e il "problema" osmotico è limitato (concentrazione di sali tra acqua e sangue non troppo disimile). Le branchie funzionano bene anche in acqua dolce, intendiamoci, ma delle strutture a supporto permettono enormi vantaggi ecologici la dove l'ossigeno scarseggia.
La sequenza evolutiva temporale polmoni->branchie->altro, va per la maggiore. In realtà c'è un "problema" anatomo-funzionale in relazione al sistema circolatorio annesso alle strutture respiratorie. Ora non è il caso ma mi riprometto di ritornarci]

Il labirinto, o meglio i labirinti visto che sono due, uno per lato, sono posti in delle camere soprabranchiali, ai lati della testa. Il pesce va in superficie inghiotte aria, con le branchie chiuse, e la fa passare nei labirinti. Qui un epitelio riccamente vascolarizzato si produce negli scambi gassosi usali.
L'evoluzione non è direzionalmente lineare però. Dopo essersi diffuso qualche specie lo ha sviluppato ancora di più (alcune specie muoiono letteralmente affogate se non gli si permette di raggiungere la superficie dell'acqua), ottenendo cosi una stretta dipendenza da esso a discapito della respirazione branchiale. In altre si assiste ad una certa regressione dovuta al cambiamento di nicchia la dove c'è stata la possibilità di colonizzare ambienti ricchi di ossigeno (come i ruscelli montani).
Gli anabantoidei sono parecchio diversificati. Sono vecchi e hanno avuto tempo ; sono versatili nelle cure parentali (incubatori orali, nidi di bolle in superficie, nidi vegetali sul fondo, depositori liberi); si adattano a condizioni chimico-fisiche proibitive per altri taxa (il labirinto lo abbiamo visto ma ci sono altre modificazioni peculiari, come per esempio pinne pelviche modificate per "assaggiare" le cose con scarsa visibilità).
Eppure i generi appartenenti agli anabantoidei contano di solito poche specie. Il genere Betta spicca davvero con tutte le sue specie. Perché? Perché un genere ha cosi tante specie e altri invece no?
Contigenze, assenza o presenza di inerzia, diversità, vincoli e chi più ne ha più ne metta. Quella dei Betta è una radiazione, una punteggiatura vera e propria persino. Ma quello che è sotto i nostri occhi è un fotogramma sfuocato. Quelli precedenti lo sono ancora di più e quelli futuri sono totalmente imprevedibili. Restano le domande. Domande che non portano quasi mai a delle risposte ma ad altre domande ancora. Per continuare in un crescendo geometrico di curiosità...magari con qualche certezza, qua e la.

Ecco leggere Russel fa male. Non ci crederete ma volevo parlare di tutt'altro! Ne parlo.

Tante specie dicevamo. Quando abbiamo tante specie ci prende un coccolone. I grandi numeri ci spaventano, non li maneggiamo bene; ridurre, bisogna ridurre e raggruppare. Anzi no, prima separare, fare volume ma poi ridurre, sempre! Che mente strana quella del tassonomo. Credo perché in fondo sappia fin troppo bene che sotto sotto una tassonomia naturale esiste ed è praticata dagli organismi viventi. Esiste ma sfugge e allora le si prova tutte perché più si tenta e più aumentano le possibilità di prenderci.

Il giocattolo delle sottospecie funzionò male, almeno coi i pesci. Era come cercare di guardare un treno in corsa col microscopio. Si era fatto troppo volume e l'imperativo riduzionale era stato disatteso.
Se a destra c'è un muro, si torna indietro; e allora sotto con i gruppi di specie, i complessi di specie, i sottogeneri e qualche altro artificio che andrà di moda per qualche anno prima di cadere nell'oblio.
I Betta hanno tanto specie? Non va bene mica eh. Raggruppare si era detto.
Qui trovate una lista, credo aggiornata, dei gruppi di specie del genere Betta. Vengono chiamati complex, ed è un errore di forma. Alcune specie non appartengono a nessun gruppo, ed è un errore di sostanza.
La base che porta ad associare specie sotto uno stesso gruppo è sostanzialmente fenetica. Si assomigliano? Si? Stesso gruppo!
Non si tiene conto delle parentele evolutive. In soldoni, evolutivamente parlando, non hanno alcun senso. Eppure l'uso, e l'abuso, è ampiamente diffuso.
Questa era la considerazione nel titolo.
Ecco le due descrizioni:

Betta pardalotos

Il nome deriva da pardalis, evocato dalla spottatura sugli opercoli. Assomiglia molto a Betta chloropharynx e le due specie sono molto vicine anche biogeograficamente. B. pardalotos è stata trovata in un isola minore di Sumatra separata da un braccio di mare dall'isola principale dove è presente la specie affine. Allopatrica classica a naso. Incubatore orale comunque.

Betta kuehnei

Altro incubatore orale. Areale più esteso: Malesia settentrionale (Kelantan) e Tailandia peninsulare meridionale (Narathiwatt). Prima conosciuta come Betta sp.aff. pugnax.





Biblio

Schindler, I. & Schmidt, J. (2009): Betta kuehnei, a new species of fighting fish (Teleostei, Osphronemidae) from the Malay Peninsula. Bulletin of Fish Biology, 10 (1/2): 39-46.

Tan, H.H. (2009): Betta pardalotos, a new species of fighting fish (Teleostei: Osphronemidae) from Sumatra, Indonesia. The Raffles Bulletin of Zoology, 57 (2): 501–504

Lukas R. et al (2006):Molecular Phylogenetics and Evolutionary Diversification of Labyrinth Fishes (Perciformes: Anabantoidei)
Syst. Biol. 55(3):374–397, 2006


Goldstein, R.J. Bettas: everything about history, care, nutrition, handling and behavior. Barron's Educational Series. 2001.

27 agosto 2009

Il Borneo di Enrico (Kuching/Matang)

Ragazzi ecco le prime foto di Enrico. Le ho ridimensionate e la dove sono riuscito ad identificare ho messo i nomi (per i mudskipper mi sono fatto aiutare da un esperto). Le foto sono del figlio di Enrico e TUTTI i diritti d'autore sono riservati.



Uca sp.

Aggiungi immagineNeritina sp.
(particolare della foto precedente)

Neritina sp.

Periophthalmus chrysospilos


Nepenthes rafflesiana

24 agosto 2009

Due scatti due

Lo scorso inverno avevo dato per morte le piante di Aschynomene fluitans che avevo preso in primavera. Cresciute in maniera esponenziale durante l'estate sono andate in regressione durante l'autunno per sparire totalemente in inverno. Ci avevo messo una croce sopra. In primavera però esce una pianticella da un panetto di terra che avevo rinvasato senza tropa cura. Ora ho un paio di piante belle robuste e in fiore.

Fiore di Utricularia australis

Sempre lo scorso anno avevo messo nelle vasche anche un pò di Utricularia australis. Crescita sempre stentata, otricoli atrofici e steli micragnosi; anche qui croce sopra.
In primavera è rispuntata anche lei. La crescita è stata spaventosa. Ha letteralmente preso possesso di tre vasche. La poto settimanalmente (ne butto un secchio), perché oramai si "soffoca" da sola.




Visto che siamo in tema di "resurrezioni" pensavo di aver perso anche questa Sarracenia x "Dixie Lace" a causa di un epidemia di rizomi cancerosi che mi ha colpito lo scorso anno.
Ritrovala e vederla crescere è stato bello.
(l'ascidio ha perso un pò di turgore per il gran caldo di questi giorni)

Queste sono state sempre bene ma solo quest'anno hanno fatto qualche fiorellino:

Infiorescenza di Lithurum salicaria


Fiore di Ludwigia mullertii

Da qualche giorno in giardino c'è un ospite graditissimo. Credo sia un piccolo non molto esperto. Si fa vedere anche di giorno ed è molto permissivo con le distanze di sicurezza. Qualche idea per la specie?

Questa foto non e mia ma di Sandro


26 giugno 2009

Der Makropode


Qui trovate la traduzione in inglese di tre numeri del bollettino dell'associazioni tedesca IGL (dedicata agli anabantoidei). Gli articoli sono spesso delle vere e proprie perle. Accurati, spesso con un' eccellente bibliografia, e ricchi di foto. Si va dall'acquariofilia alla sistematica passando per evoluzione, ecologia e approfondimenti monografici.
Nell'ultimo numero tradotto segnalo un pezzo interessante sulle specie incubatrici orali del genere Betta che, a dispetto di quello che comunemente si pensa, sono in numero maggiore di quelle che costruiscono nidi di bolle.

12 giugno 2009

Fate voi

Qui trovate la discussione. Per farla breve qualcuno, probabilmente un idiota, ha trovato il modo di far convivere insieme pesci d'acqua dolce e pesci d'acqua salata. Appena ne capisco di più e trovo un pò di tempo approfondisco.

29 maggio 2009

Macropodi

La specie è, insomma, la chiave di volta dell'evoluzione
Ernst Mayr


Agli inizi del secolo scorso, quando le resistenze elettriche per termostatare l'acqua ancora non c'erano e le pompe a immersione per far funzionare un filtro erano di là da venire; quando era necessario vivere a basse temperature e senza troppe esigenze; quando una specie doveva arrivare dai più lontani recessi del mondo per essere interessante...

...i pesci del paradiso erano re.

Macropodus hongkongensis Freyhof, 2002
copyright Michael Lo



Macropodus erythropterus Freyhof, 2002
copyright unknow

Macropodus spechtii Schreitmuller, 1936
copyright unknow

Macropodus ocellatus Cantor, 1842
copyright unknow

Macropodus opercularis Linneo, 1758
wikimedia commons


25 aprile 2009

Nannocharax

I caraciformi africani sono un pò un oggetto misterioso; meno conosciuti dei cugini neotropicali hanno realizzato radiazioni quantitativamente più modeste.
Fino alla fine degli anni 80 molti autori facevano confluire in un unica famiglia (Characidae) le ~1600 specie dell'ordine Characiformes. Oggi va per la maggiore una rappresentazione sistematica che vede l'ordine suddiviso in 18 famiglie raggruppate in due subordini. Non mi addentro troppo nella sistematica perché alcune famiglie sembrano non essere monofiletiche e c'è parecchia confusione (per chi volesse farsi venire una bella emicrania rimando QUI). In alcuni casi, vedi FishBase, viene seguita ancora la vecchia sistematica di Tuegels di fine anni 80.

Quattro delle 18 famiglie totali, per un totale di circa 200 specie, sono africane:

Distichodontidae
Chitarinidae
Alestidae
Hepsetidae

Da notare solamente che le prime due, oltre a essere estremamente affini (subordine Chitarinoidei), sono anche quelle più primitive di tutto l'ordine e che, secondo alcuni autori, Hepsetidae è strettamente imparentata con un altra famiglia che è però sudamericana (Ctenoluciidae), questo a supporto della tesi secondo cui alcune radiazioni siano accadute prima della separazione fisica di Africa e Sudamerica.

La famiglia dei Distichodontidae ha circa 90 specie ed è quella che ci interessa in questo caso.
Le specie di questa famiglia hanno un ampio areale. Si va dal Gambia, Senegal, Niger, Volta, Nilo, Congo fino allo Zambesi e al lago Turkana.
Da un punto di vista trofico la famiglia dei Distichodontidae (il nome fa riferimento alle due file di denti presenti in tutte le specie) si divide in:

-erbivori e micropredatori (e.g. Nannocharax, Neolebias )
-predatori/mangiatori di scaglie e pinne (e.g. Ichthyoborus)

Ok, fatte le presentazioni andiamo al sodo.

Nannocharax Günther, 1867:

-27 specie nominali (escluse le due di questo post ovviamente)
-distribuzione in Africa centro occidentale e Nilo
-scaglie piccole e ctenoidi
-linea laterale completa
-serie di denti bicuspidi per ogni mascella

Studiando collezioni museali e supportati da nuove indagini in situ, i ricercatori si sono accorti che alcuni esemplari non rientravano nelle descrizioni delle specie già conosciute. Spesso l'habitus di alcune popolazioni è molto simile (colorazioni e bande verticali sul corpo) e fa pensare a specie già note come N. fasciatus e N. latifasciatus. Ma è molto probabile che N.fasciatus sia una specie "contenitore" di un gruppo molto più ampio che, in un prossimo futuro, potrebbe dar luogo ad un complesso di specie come avviene per esempio per le Apistogramma.



Nannocharax zebra sp.nov.

Questo piccolo caraciforme (lunghezza totale <5 cm) vive nelle acque camerunensi del Cross River. Come biotopo d'elezione ha le calme acqua di ripa poco profonde, nuotando attivamente al di sopra della lettiera.


a.Olotipo di N. zebra, fotografia in alcol
b. Disegno di R. Kühbandner.



Nannocharax usongo sp. nov.

La distribuzione di N. usongo (TL<5cm) è del tutto sovrapponibile a quella di N. zebra.
Più reofilo della specie precedente è stato osservato spesso su tronchi parzialemente decomposti in zone con un certa corrente. Sempre adeso al substrato è stato visto raramente nuotare attivamente nella colonna d'acqua.
Forma e posizione della bocca insieme alla conformazione dei primi raggi delle pelviche fa supporre uno stile di vita molto diverso dalle altre specie. Più legato al substrato anche con forte corrente.
(nota mia: questo ricorda molto specie neotropicali del genere Characidium. Sarebbe interessante vedere se questi percorsi evolutivi erano già presenti in Gondwana o se è un altro esempio di "cassetta degli attrezzi" caratteristica della nuova biologia dello sviluppo).
Il nome specifico è dedicato al biologo della conservazione, molto attivo in Camerun, Leonard Usongi.


a.Olotipo di N .usongo in alcol,
b. Disegno di R. Kühbandner,
c.Fotografia di un esemplare vivo (Photo F. Herder).


Come dicevo sopra è molto probabile che N. fasciatus nasconda molte altre specie sotto la descrizione ottocentesca di Gunther. Gli autori credono, quindi, che il genere verrà rivisitato ampiamente nei prossimi anni.

Ultima cosa: gli autori nell'articolo esplicitano il concetto di specie che hanno utilizzato (per inciso quello filogenetico secondo Kullander). Teniamolo a mente che ci torna utile per il post sui Macropodus.




Dunz, AR & UK Schliewen, 2009. Description of two new species of Nannocharax Günther, 1867 (Teleostei: Characiformes: Distichodontidae) from the Cross River, Cameroon. Zootaxa 2028: 1–19.

23 aprile 2009

Digest

E' un pò che non segnalo qualche bel lavoro tassonomico. A dir la verità il 2009 è partito un pò in sordina però qualche spunto interessante lo si trova sempre; senza contare che c'è ancora qualcosa di cui parlare su aluni lavori di fine 2008.

Segnalo velocemente. Poi ci torno con calma stasera.

- Due nuove specie di Nannocharax (N.zebra e N. usongo). Sono caracidi e sono africani. Il ramo africano dei caraciformi è meno conosciuto di quello sudamericano. Ma non per questo meno interessante.

-Descrizione del famoso barbo di Odessa (Puntius padamya).

-Descrizione di Baryancistrus beggini.

-Riesame morfologico del genere Macropodus con una segnalazione di conservazione (è del 2008).
Questo è il più interessante di tutti. Poi vi spiego perché.

Ci sarebbero anche un paio di cose interessanti su cavallucci marini e gobidi diadromi. Ma non credo di farcela.

20 aprile 2009

L'universo in un guscio di lumaca (+ esterne)



Non mi va di aprire un altro post. Aggiungo qui un paio di scatti fatti in giardino.


Panoramica di due vasche
(ex-sump con tanto di divisori)

Nymphaea sp. (foglie emersa)


Sarracenia psittacina in ex sfagnera
(la Lysmachia non so come ci sia arrivata)


Semi di Sarracenia germogliati da un mese.
Si vedono i primi microascidi



Azolla caroliniana


Marsilea quadrifolia


Lythrum salicaria


Myriophyllum "Red Steam"


Myriophyllum "Red Steam" e A. caroliniana


Secchio con dafnie/ceratofillo/lemna


Hydrocotyle leucocephala, Vesicularia sp. e Pistia stratiotes
(questa però è in casa)


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