28 settembre 2007

Interagire

Corydoras habrosus Weitzman, 1960



La nostra ammirazione non diminuiva. Ned continuava a nominare i pesci, Conseil li classificava; io mi estasiavo per la vivacità dei movimenti e la bellezza delle forme. Non avevo mai sorpreso i pesci, finora, liberi nel loro elemento naturale.”


"Ventimila leghe sotto i mari"
Jules Verne



Un paio di post addietro accennavo alla diversità dei siluriformi. In realtà questo taxon è solo la punta di un iceberg di diversità animale, con le vertebre, che vive sotto il pelo dell’acqua. Quando Peter B. Moyle (il coautore del miglior testo introduttivo all’ittiologia oggi sul mercato), parla dell’uomo come di un ramo “aberrante” dell’evoluzione dei pesci , non solo fa una provocazione basata su di un dato oggettivo ma richiama, implicitamente, alla complessità di un mondo che, molto probabilmente, non ha eguali tra i vertebrati.

Leggendo un articolo appena apparso sulla rivista Neotropical Ichthyology me ne è subito venuto in mente un altro che avevo letto un paio di anni fa. I due articoli sono apparentemente molto semplici. Non sono eclatanti, anzi danno l’idea di essere due lavori di routine. Eppure ,per certi aspetti ,mettono in evidenza aspetti unici di un mondo a noi troppo poco familiare.
Vabbè comincio col primo, quello più recente.

Mangiare è importante, serve ad ottenere energia e materiali per vivere, crescere e procreare. Mangiare però è faticoso e dove si può si fa economia. Lo sanno benissimo i pesci marini e i ciclidi dei grandi laghi. Se un grosso pesce grufola sul fondo o raschia una grossa roccia e molto probabile che un po’ di cibo, a basso costo, sfugga alla sua attenzione rendendosi disponibile per pesci più piccoli e “pigri“.
C’è addirittura un caracide (Brycon microlepis) che segue, per quanto può ovviamente, gruppi di scimmie,Cebus apella, che mangiano frutti e foglie sui rami di alberi che danno direttamente sul fiume. Tutto quello che sfugge alle scimmiette finisce nella pancia dei caracidi. Altre associazioni sono note ma quella presa in considerazione è particolarmente affascinante. Prima la descrivo e poi spiego perché è più affascinante delle altre.

Characidium fasciatum Reinhardt, 1867
By User:Haplochromis (Own work (own Photo)) CC-BY-SA-3.0  via Wikimedia Commons
Solitamente i piccoli e simpatici caracidi del genere Characidium (poco diffusi nel nostro hobby), si alimentano seguendo due strategie. Nella prima, detta del “sit and wait predation”, un esemplare si mette contro corrente sul fondo e aspetta che salti fuori qualche animaletto succoso o che arrivi un po’ di cibo portato dalla corrente. Nella seconda strategia, detta “hunting by speculation”, il nostro piccolo eroe gironzola attivamente sul fondo a caccia di cibo nel periphyton (d’ora in poi userò il termine aufwuchs che a noi acquariofili è più familiare e ci piace di più).
Il cibo preferito? Niente di più buono che larve e ninfe di insetti. chironomidi, simulidi e efemerotteri vanno per la maggiore. Fin qui tutto bene. Ma in un piccolo fiume,il Rio Ouro, del bacino idrografico del Macaé (in Brasile), alcuni esemplari di Characidium sp. seguono i piccoli Parotocinclus maculicauda mentre si alimentano.




Solitamente i loricaridi si alimentano quando c’è poca luce. La sottofamiglia degli Hypoptomatinae fa però eccezione. Si alimentano di giorno e questo, insieme alla condivisione del microhabitat, ha permesso ai caracidi di sfruttare questa opportunità.
Ovviamente questo non è l’unico caso accertato tra due specie di acqua dolce (e.g. Corydoras polystictus <-- Astyanax bimaculatus), ma i report sono pochi, più per mancanza di persone disposte a stare a mollo per un mese, per un stipendio da fame, che per presunta rarità del fenomeno.
Ok ok…ma alla fine di tutto? Un pesce ne insegue un altro, fanno il trenino insomma; uno, quello davanti, si fa il mazzo, mentre quello di dietro segue e aspetta che salti fuori qualcosa di buono. Opportunismo neanche troppo sfacciato.
Non siete affascinati come lo sono io? Eppure le due specie sono piccoline, con un po’ di fatica si possono anche trovare, non serve una mega vasca per provare ad allevarli insieme; ecco l’ho detto, confesso, questo è l’unico vero motivo che rende questa associazione cosi affascinante per me. La possibilità di poterla osservare “fatta in casa”, è questo che a noi “ittiofili della domenica, ci rende cosi fortunati.
Ovviamente rimane sempre l’ipotesi delle scimmie, ben più affascinante per certi aspetti, ma, diciamo cosi, un pelino meno praticabile.

Bene, se per il mangiare abbiamo risolto passiamo ad un altro problema affine.
Come non essere mangiati.

Le specie del genere Corydoras sono molto tranquille e carine. Nulla farebbe sospettare ad un osservatore distratto due caratteristiche peculiari. I Corydoras sono corazzati e vanno in giro armati fino ai denti. La corazza è fatta di placche ossee che conferiscono ai traccagnotti abitanti dei fiumi neotropicali un corpo massiccio e robusto. Le armi sono tre spine dure ed acuminate, una dorsale e due sulle pelviche, che scoraggerebbero qualsiasi predatore all’incauto boccone (chi ha provato almeno una volta a “maneggiarli” sa di cosa parlo). Ma per questi piccoli carriarmati non finisce qui. La colorazione criptica e la capacità che hanno di confondersi col substrato (freezing behavior) in presenza di un predatore (e.g., Crenicichla spp. e Hoplias spp.), li mette definitivamente al sicuro da un elevato tasso di predazione.

Ora immaginate di essere un piccolo pescetto simpatrico, condividete il microhabitat e avete grosso modo le stesse abitutidini. Avete un problemino però, siete più appetitosi dei corydoras.
Cosa è più facile: armarsi fino ai denti come loro o copiare la facciata nella speranza che i predatori vi confondano con i piccoli botoli corazzati?
Buono la seconda ovviamente. Questo devono aver pensato gli Otocinclus. Ed eccoci qua a contemplare un complesso caso di mimetismo batesiano. Complesso non nella sostanza ma nelle implicazioni filogenetiche. Le implicazioni le lascio per un altro momento che oltre che essere complesse sono pure complicate (rimando alla bibliografia per chi volesse approfondire).

Quindi abbiamo un modello (Corydoras spp.), un mimo (Otocinclus spp.) e un ricevitore di segnale (ciclidi, caracidi o altri siluriformi predatori):


Corydoras diphyes <-- Otocinclus mimulus

C. nattereri <-- O. affinis


C. garbei <-- O. xakriaba


C. paleatus <-- O. flexilis



Il mimetismo batesiano è una faccenda non molto lineare. Nel senso che prevede dei polimorfismi del modello che si sovrappongono o sostituiscono, nel tempo, in equilibrio con le frequenze del mimo. In C. diphyes infatti sono due i fenotipi che si possono trovare, una a macchie l’altro a righe (da qui il nome speifico).

Insomma, e per concludere, chi lo avrebbe mai detto che dietro comuni pesciolini d’acquario si celava una cosi articolata, e in larga parte ancora sconosciuta, diversità di situazioni ecologiche?

Infinite forme bellissime scriveva qualcuno. Non aveva tutti i torti.





Testi e articoli consultati:

Rafael P. Leitão, Érica P. Caramaschi and Jansen Zuanon.
Following food clouds: feeding association between a minute loricariid and
a characidiin species in an Atlantic Forest stream, Southeastern Brazil
Neotropical Ichthyology, 5(3):307-310, 2007

Axenrot, T.E. and S.O. Kullander, 2003. Corydoras diphyes (Siluriformes: Callichthyidae) and Otocinclus mimulus (Siluriformes: Loricariidae), two new species of catfishes from Paraguay, a case of mimetic association. Ichthyol. Explor. Freshwat. 14(3):249-272.

Wickler W. Mimetismo animale e vegetale.
Franco Muzzio Editore.

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